Missione Formare: intervista a Sebastiano Zanolli
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Quando il destino ti porta sulla strada della formazione?
Formatori si diventa?
Come si diventa grandi formatori?
Per il primo articolo del format “Missione Formare”, pongo queste domande a Sebastiano Zanolli: manager, advisor, speaker, autore di libri e formatore con la passione per il ruolo del motivatore.
Davide: Per chi ancora non ti conosce, chi è Sebastiano Zanolli?
Sebastiano: Sono una persona che per trent’anni della sua vita ha lavorato in aziende del comparto tessile, nello specifico in ambito commerciale o marketing, ricoprendo varie posizioni, dall’impiegato fino all’amministratore delegato o direttore generale di alcune realtà. Ho sempre accompagnato questa attività con la passione sfrenata per le tematiche legate alla motivazione, anzi, inizialmente legate alle tecniche di vendita e successivamente alla motivazione.
Quando ho cominciato a lavorare come venditore e area manager, mi sono trovato a disagio e impreparato sul lavoro, quindi ho cercato di studiare da solo e sono entrato nel mondo della formazione sulle vendite: ho subito imparato che, in parallelo, esisteva anche il mondo della motivazione, un vero mare magnum in cui io mi sono tuffato e in cui si può trovare davvero di tutto.
Complice anche il tempo e la mia passione per la scrittura, ho cominciato a pubblicare libri sull’argomento partendo dalle mie conoscenze.
Dopo tanti anni in cui mi sono dedicato allo studio della motivazione come passione che portavo avanti nel tempo libero, fuori dal lavoro, finalmente ora l’attività del formare, questa parte di me come persona e come professionista, sta diventando un lavoro a sé più strutturato.
Davide: Secondo te formatore si nasce o si diventa?
Sebastiano: Mi viene da dire che lo si diventa. a volte anche per fortuna, assecondando le proprie inclinazioni personali.
Già da quando ero un ragazzino sentivo che c’era qualcosa ad attirarmi verso il mondo dell’insegnamento, però a quel tempo avevo a disposizione pochi esempi di insegnanti.
Quello che scoprii dopo è che esistono tante altri modi diversi per insegnare. Quindi un po’ formatore si nasce, e un po’ lo si diventa strada facendo.
Davide: Com’è avvenuta la prima esperienza da formatore?
Sebastiano: Ho iniziato a lavorare nel 1990, e ho avuto subito delle perplessità e delle curiosità da soddisfare riguardo al mio lavoro. Volevo imparare di più e ho cominciato a leggere molti libri, anche in inglese, andare a seminari e partecipare a corsi davvero di tutti i generi, cercando dei mentori.
Creavo dei riassunti o delle raccolte di materiale in autonomia a partire dalle mie letture, e con il tempo alcuni amici imprenditori si sono incuriositi e mi hanno chiesto di andare a insegnare ai loro dipendenti ciò che avevo appreso e riassunto da autodidatta.
Quando poi, nel 2000, ho pubblicato con Franco Angeli il libro “La grande differenza”, ho capito che il lavoro che avevo fatto aveva una sua validità e che avrei potuto proporre le mie conoscenze anche a realtà più strutturate e cominciare a formare anche gli altri.
Davide: So che anche altri professionisti, più o meno nel tuo stesso periodo, si sono trovati a cominciare proprio come hai fatto tu. Cosa ne pensi però del talento e della passione per essere formatori?
Sebastiano: Spesso definiamo il talento come qualcosa che tendenzialmente fai bene anche da giovane o da bambino, in cui mostri una maestria naturale mediamente migliore rispetto a quella degli altri, ma c’è un altro elemento secondo me: il talento è tale se gli altri lo riconoscono, perché un occhio esterno è scevro dal tuo innamoramento o dalla tua passione per la materia che tratti.
Davide: C’è da dire però che l’innamoramento, che io chiamo anche passione, che mettiamo nel formare, arriva agli altri: potresti essere un formatore iper-competente, ma molto poco empatico e risultare meno “bravo” di chi invece riesce a trasmettere qualcosa, non possiamo fare a meno di questa passione e in più dovrebbe esserci riconosciuta anche dagli altri.
Sebastiano: In effetti, secondo me uno dei momenti più totali dell’esistenza di un individuo è quando le sue ambizioni trovano conferma nel pubblico, quando qualcuno comincia a riconoscere che le tue ipotesi, e ciò che hai realizzato sulla base di queste ipotesi, funzionano e sono credibili, è un momento importante in cui capisci un po’ qual è il tuo destino o il senso della tua esistenza.
Davide: Condividi con noi una lezione che hai imparato durante la tua esperienza come formatore.
Sebastiano: La prima lezione che ho imparato, forse è anche un po’ semplice e banale, è che il termine “formatore” ha un peso e tanti risvolti. A volte ti domandi davvero se sia sempre corretto voler fare il formatore, perché bisogna vedere a cosa applichi questa attività: formare una persona su un aspetto tecnico è ben diverso dal formare su un aspetto esistenziale, perciò se tu ti inserisci nelle vite degli altri, sarà imputabile anche a te qualsiasi tipo di fallimento della persona che stai formando in quel momento.
Un’altra cosa che ho imparato è che per formare bisogna stare molto attenti a cosa vuoi trasmettere ed essere molto leali nel definire gli intenti del tuo percorso di formazione, perché io non cerco assolutamente di vendere visioni, opinioni o ideologie a nessuno.
Davide: Vero: ho notato anch’io che ogni tanto, in aula, ci scambiano per guru.
Sebastiano: Esatto, a volte ti viene concesso un potere, in quanto formatore, e bisogna essere attenti a non usarlo in maniera manipolatoria nel formare.
Davide: Approfittando di questo tuo assist a tema “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”: ci sono dei film che citi nella tua formazione?
Sebastiano: Francamente non ne faccio un grande uso per un motivo abbastanza semplice: i film, di fatto, sono storie di finzione frutto di una sceneggiatura. Detto questo, se proprio uso un film per formare, cerco di proporne uno che racconti una storia vera basata su fatti accaduti realmente.
Un film che però a me piace per il messaggio che trasmette è “I sogni segreti di Walter Mitty”, un film del 2013 di e con Ben Stiller, che racconta di questo impiegato nella redazione di una rivista che viene venduta e subisce una ristrutturazione aziendale, a cui seguono mille avventure rocambolesche per salvare la rivista stessa dalla chiusura.
In una scena, Walter va da uno dei tagliatori di teste che stanno licenziando altri dipendenti e dice: “Arrivi in un posto e cacci via impiegati. Dovresti capire che le persone hanno lavorato per creare questa rivista. Credevano in quello slogan. Non devi per forza fare lo stronzo. Incidilo su una targa ed attaccalo nel tuo prossimo ufficio”.
Questo fa capire che la vita è un gioco sociale in cui valgono delle regole a volte anche abbastanza dure, tra competitività, meritocrazia e scale gerarchiche, ma attenzione, esiste anche il fair play, un modo di giocare un po’ più umano: tratta sempre gli altri come vorresti essere trattato tu.
Davide: Quali sono invece i libri che consigli di solito?
Sebastiano: Ho un problema enorme con i libri! Ho scaffali e scaffali pieni di libri quindi farei veramente fatica a citarti un libro piuttosto che un altro.
Ho invece dei punti di riferimento fondamentali: Dale Carnegie, per esempio, uno dei pilastri alla base di tutti i discorsi e i libri sulla motivazione che sono venuti in seguito.
I suoi concetti e ragionamenti prendono comunque tanti spunti dal pensiero classico, in particolare dai filosofi stoici e scettici, ma anche da Socrate e Platone.
Ciò che però hanno fatto i pionieri come lui è stato riorganizzare i concetti attorno al miglioramento di sé e all’evoluzione personale in maniera fruibile anche per chi non è particolarmente acculturato.
Davide: Hai citato una parola a cui anch’io sono molto affezionato, che è “fondamentali”: qual è la tua definizione di “fondamentali della formazione”?
Sebastiano: Prima di tutto, ricordare sempre che non sei un moralizzatore, il tuo lavoro non consiste nello spiegare agli altri come vivere la propria vita, ma anzi devi avere un approccio maieutico, per aiutare la persona che hai davanti a capire cosa vuole, chi può diventare e offrire strumenti, domande, anche dubbi ed eventualmente risposte.
In più, secondo me, per essere un buon formatore devi avere sempre amore per il prossimo, e con “amore” intendo interesse sincero, una sostanziale predisposizione a godere della felicità altrui.
In ultimo, visto che hai delle responsabilità nei confronti delle persone che formi, è necessario approfondire continuamente i meccanismi della comunicazione, ovvero di tutto ciò che può rendere fluido e comprensibile quello che dici o quello che fai quando insegni.
Davide: Quali consigli vorresti dare a chi vuole iniziare questa carriera?
Sebastiano: Trovate un mentore da seguire, qualcuno che vi lasci stare vicino a lui o lei per poter imparare e per vederlo insegnare, qualcuno che ammirate e stimate. Poi, buttatevi in tutte le occasioni in cui è necessario parlare in pubblico, dato che questo è un mestiere in cui le parole contano molto!
Davide: Una lezione di vita che si è trasformata in una lezione anche per la tua formazione o per il tuo lavoro?
Sebastiano: Nel mio libro “La grande differenza”, c’è un aneddoto: durante uno dei miei primissimi viaggi da venditore in Grecia, a Salonicco, mi trovavo da un cliente molto più bravo ed esperto di me, per vendere tessuti per la mia azienda.
Questo cliente si è offerto di acquistare un container di tessuti davvero enorme, da 40 piedi, a patto che gli facessi uno sconto che andava ben al di là della scontistica standard che potevamo offrire normalmente e che avrei potuto applicare.
Trovandomi in difficoltà, fra la preoccupazione e la contentezza (perché a vendere una quantità così grande di tessuti torni in azienda da eroe), telefono a casa il titolare per chiedere aiuto.
Mi ricordo ancora la sua risposta: “Ascolta Sebastiano, mi sembra che tu abbia un problema e non sappia come risolverlo. Bene: volevo informarti che in questa azienda di persone che non sanno risolvere i problemi ce ne possiamo permettere solo una, e quella si dà il caso che sia io. Risolvi il problema o non prenderti nemmeno cura di tornare in ufficio, vai direttamente a casa”.
Al di là della minaccia, ho compreso che quando tu ti prendi delle responsabilità, anche le scelte che ne derivano sono tutte un problema tuo, non puoi demandare sempre o lasciare le tue responsabilità in mano a qualcun altro, a volte puoi ma molto più spesso no, e questa è stata, da un punto di vista formativo, una presa di coscienza importante: la vita è così.
Davide: Un percorso di formazione, per chi volesse iniziare questa carriera, è più un piano A o un’alternativa da piano B?
Sebastiano: Per me formare è stato un piano B che si è realizzato con il tempo.
Aggiungo che, soprattutto per chi lavora in campi molto dinamici come quello commerciale o appunto del marketing della moda, il rischio a volte è che oltre una certa soglia di età si viene considerati “vecchi” o “obsoleti” per certi ruoli, quindi può succedere che il pubblico presso cui ci si presenta come portabandiera per l’azienda non ti riconosca più come rappresentativo.
In altri campi avviene invece il contrario, l’avanzamento dell’età corrisponde a maggiori competenze e quindi può costituire un vantaggio.
Quindi, sapendo come funziona nel mio settore, ho capito che il tema della formazione e del formare poteva anche trasformarsi in un lavoro a sé rispetto alla mia attività precedente.
Davide: Grazie mille Sebastiano per il tuo tempo, speriamo che quest’intervista sia stata d’ispirazione a tante persone che stanno considerando la formazione come un piano B nella loro carriera, tra l’altro sul tema dei piani e delle alternative Sebastiano ha scritto un libro che vi consiglio, che si intitola proprio “Alternative”, edito da Roi Edizioni.
Un altro libro di Sebastiano dallo stesso editore, che può essere davvero utile in tante situazioni, nel lavoro ma anche nella vita privata, è “Guerra o pace”.
Grazie a tutti e alla prossima intervista!
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