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La punta dell’iceberg

La punta dell’iceberg è un’espressione molto usata e spesso abusata.

Perché tutti la usano?
Perché è così potente?
Perché potrebbe aiutarti capirla, comprenderla e padroneggiarla fino in fondo?

L’enciclopedia Treccani dà questa definizione letterale di iceberg: “Blocco di ghiaccio di notevole mole (fino a milioni di tonnellate) ed emergente per circa 1/8 della sua massa, che si incontra nei mari artici e antartici.

Wikipedia dà una percentuale leggermente diversa, circa il 90% del volume di un iceberg rimane sommerso.

Entrambi queste enciclopedie concordano comunque sul fatto che la parte più grande dell’iceberg è sommersa e quindi nascosta alla vista.

Questa caratteristica unica in natura è il motivo principale per cui l’immagine dell’iceberg si presta a molteplici applicazioni.

Per esempio, in senso figurato e spesso in ambito giornalistico, si parla frequentemente di “la punta dell’iceberg” oppure della “parte sommersa dell’iceberg” per indicare la parte di una situazione, di un’inchiesta, di un approfondimento che è già palese o, al contrario, che è ancora del tutto nascosta.

In modo analogo potreste trovare questa figura anche in romanzi gialli, thriller o di spionaggio: “abbiamo sventato l’attacco e fermato l’organizzazione, ma quello che abbiamo scoperto è solo la punta dell’iceberg”.

Un’altra chiave di lettura utile, sia nella scrittura che nella comunicazione, è l’uso che se ne può fare per descrivere un problema che ci preoccupa, di cui è visibile solo una piccola parte.

Anche il grande Sigmund Freud ha fatto ricorso all’iceberg per spiegare la struttura della nostra mente: l’attività cosciente che comprende tutte le riflessioni che facciamo e di cui siamo consapevoli, rappresenta la punta dell’iceberg, quello che chiama il conscio. La parte più rilevante della nostra attività psichica avviene in una dimensione sommersa, non visibile e difficilmente accessibile, l’inconscio.

L’iceberg, con questo suo gioco unico di rapporto 1 contro 9, si presta anche a usi diversi per spiegare concetti in apparenza complessi e difficili da spiegare.

E sono tutte situazioni e contesti che direttamente o indirettamente interessano anche scrittori, editori e social media manager.

Per esempio la prima stesura del proprio romanzo è solo la punta dell’iceberg, le riscritture successive rappresentano la parte sommersa, quella che non vogliamo assolutamente vedere.

Scrivere il proprio saggio è la punta dell’iceberg, trovare un editore che lo pubblichi è la parte sommersa, la più difficile, lunga e complessa.

Se parliamo di personal branding, un tema importante sia per chi scrive libri ma anche per chi crea e condivide contenuti online, la punta dell’iceberg racconta una serie di elementi palesi che tutti vedono di noi: chi siamo, per cosa siamo conosciuti o riconosciuti, quali sono le nostre competenze e il cosa facciamo.

La parte nascosta dell’iceberg racconta, invece, tutto il lavoro da fare per individuare la vision e la mission, i valori, il target o il lettore ideale, la buyer personas, il messaggio, la gestione dei social e dei blog, la creazione di contenuti testuali, foto e video. 

Copertina del libro Professione Social Media ManagerSe pensiamo ai social media, basta prendere in prestito le parole di Veronica Gentili, una tra le professioniste più esperte di Facebook e Instagram in Italia che afferma“I social media sono la punta dell’iceberg di una rivoluzione che inizia off-line”. 

La parte che è nascosta è una continua ricerca di “un nuovo modo di raccontarsi e raccontare il proprio quotidiano facendo Rete, di evitare gli errori conoscendo quelli già fatti dagli altri, di informarsi in modo autonomo e consapevole prima di comprare, sapendo che l’esperienza dell’utente X vale molto di più rispetto alle mirabolanti promesse che la tua azienda fa nella ricerca spasmodica di rifilare ciò che vende.

Veronica Gentili non è l’unica a usare questa metafora molto diffusa in rete: le persone vedono solo il numero di mi piace, di fan e follower, il numero di post e di like, stelline e cuoricini ai singoli contenuti e ignorano tutto il dietro le quinte: il lavoro nella content strategy, i corsi che abbiamo fatto per aumentare la nostra competenza, tutti gli errori e gli esperimenti fatti, la costruzione del piano e del calendario editoriale, gli investimenti e la mole impressionante di tempo dedicato alla gestione settimanale dei diversi canali.

Confronti analoghi tra iceberg e marketing, tra iceberg e vendite li potete costruire anche voi: la parte sommersa è il fattore chiave che un domani darà i suoi risultati.

C’è infine un ultimo aspetto legato all’immagine dell’iceberg di cui vi voglio parlare oggi ed è legato all’attività di promozione del proprio libro.

 

Copertina del libro "L'arte della pazienza" di Raffaele Gaito edito da Franco Angeli EditoreProprio su questo tema di recente ho avuto un bel dialogo con Raffaele Gaito, in cui l’autore de “L’arte della pazienza” afferma: “Quello che le persone vedono è la promozione degli ultimi due mesi che non è che la punta dell’iceberg, mentre sott’acqua c’è un enorme lavoro dietro le quinte, noioso, lento, quotidiano che non lo si vede, non lo si racconta, ma è fondamentale.”

Quante volte pensiamo di prendere una scorciatoia perché ci sembra più facile o più veloce, per poi scoprire che invece ci troviamo sperduti su un iceberg e che per ottenere davvero dei risultati dobbiamo immergerci nelle profondità nascoste del nostro ghiacciaio personale?

Che tu sia scrivendo un libro, una raccolta di racconti, lanciando una startup o gestendo i tuoi canali social, ricordati dell’iceberg: se vuoi mostrare a tutti la punta, concentrati sulla parte sommersa!

E tu usi la punta dell’iceberg in qualche altro contesto? Raccontalo nei commenti!

 

Ascolta “#59 La punta dell’iceberg” su Spreaker.

Photo by Alexander Hafemann on Unsplash

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