Perché parlare e scrivere contenuti se non si ha nulla da dire?
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Perché parlare e scrivere se non si ha nulla da dire? Le persone si annoiano a leggere post e vedere video evidentemente fatti per dovere.
Questa riflessione è un commento alla mia puntata del podcast “4 idee per iniziare”, dove davo appunto quattro consigli per trovare al volo un’idea per i contenuti.
Giustamente l’amica Tiziana si è posta questo interrogativo e io ho promesso di darle una risposta in questo articolo.
Quindi: perché parlare e scrivere se non si ha nulla da dire?
Intanto dipende da chi siamo e cosa facciamo.
Tempo fa ho parlato degli “animali fantastici” che popolano i social network.
Tra questi dobbiamo ricordarci che solo l’1% sono creatori di contenuti e che il 90% sono consumatori di contenuti.
E sono consumatori affamati.
Così come nell’antica Roma vigeva il detto “Panem et circenses” che possiamo tradurre come “Pane e giochi da circo”, i due elementi necessari per tener “buono” il popolo di Roma, così oggi gli utenti si aspettano da noi contenuti… se non trovano nulla che li soddisfi, abbandonano il social network e li cercano altrove.
Quindi se volete un primo motivo per cui creiamo contenuti è per darli in pasto agli utenti.
Così come succede anche per Netflix e Prime, dove non sempre tutte le serie TV e i film sono all’altezza del loro marchio, può capitare anche a noi di creare dei contenuti, diciamo, non proprio top.
Credo sia normale: se pensiamo al nostro panettiere o pizzaiolo di fiducia, sarà capitato anche a voi a volte di restare non del tutto soddisfatti da pane o pizza di quel giorno, a tutti capitano giornate no, anche ai grandi chef.
Parte del nostro compito come creatori di contenuti è imparare a gestire anche questi contenuti così così, venire a patti col nostro giudice interiore che ci dice: “Lascia perdere, non lo pubblicare, non piacerà a nessuno”.
Accettiamo l’esistenza di un dilemma potente in questi casi.
Da una parte c’è il detto: “Fatto è meglio che perfetto”; dall’altra: “La gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Quale dei due proverbi scegliamo? Stare nel mezzo non è utile a nessuno.
Visto che bastiamo già da soli ad “auto cassare” le nostre idee… un po’ di sano “fatto è meglio che perfetto”, serve a gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Quindi prima di tutto, scrivere anche se non si ha nulla da dire serve a sbloccarci.
È un allenamento per noi stessi: proprio come suggerisce Julia Cameron nelle pagine del suo capolavoro “La via dell’artista” quando parla delle pagine del mattino:
“Al fine di riportare alla vita la vostra creatività dovete anzitutto trovarla. Vi chiedo di farlo tramite un processo, apparentemente privo di senso, che chiamo: le pagine del mattino. Si tratta di scrivere tre pagine di getto, non appena vi svegliate. Le scriverete ogni giorno e, ovviamente, per tutta la settimana”.
Non importa cosa scriviamo, possiamo anche iniziare proprio con un “non ho nulla da dire”, da scrivere e ripetere cinquanta, cento, duecento volte, fino a sbloccare la nostra creatività.
Questo se volete è un primo passo, intimo e personale.
Questa fase assomiglia al runner che si allena in solitaria.
Poi c’è la sfida di compiere la stessa azione, esponendosi al pubblico giudizio.
Pensiamo di poter fare tutti post perfetti, belli, gustosi, ricchi, coinvolgenti e soprattutto tutti al primo colpo?
La perfezione si raggiunge solo con la pratica, e con la pratica scopriremo che non si arriva mai alla perfezione.
La perfezione è come un miraggio nel deserto, un Santo Graal arido e inavvicinabile.
“Sbagli il 100% dei colpi che non tiri” dice Wayne Gretzky, grandissimo giocatore ed allenatore canadese di hockey.
Con i nostri contenuti vale la stessa regola.
Se scriviamo cento contenuti che non funzionano, abbiamo comunque vinto noi.
Abbiamo scoperto cento argomenti, forme, immagini, strutture che al nostro pubblico non interessano.
E per poterlo capire possiamo solo pubblicare, pubblicare, pubblicare.
Confrontarci con noi stessi e con gli altri.
Noi possiamo pensare di essere i più veloci maratoneti sulla Terra senza gareggiare mai con gli altri: solo così comprendiamo la verità, cioè che siamo gli ultimi tra gli ultimi.
E da questa consapevolezza ritrovata nella nostra prima gara, possiamo costruire il nostro futuro come runner e forse arrivare persino a vincere.
Scrivere e creare contenuti è puro allenamento continuo, in cui ogni esperimento che funziona ci porta verso campionati e competizioni di classe superiore.
Parlare e scrivere anche se non si ha nulla da dire, significa allenare costanza e pazienza.
Costanza perché, come dice Riccardo Scandellari, “gutta cavat lapidem“: è la goccia che scava la roccia.
E pazienza, come ci ricorda Raffaele Gaito nel suo libro “L’arte della pazienza”:
“A me piace parlare di pazienza come se fosse un muscolo. Qualcosa che possiamo allenare e migliorare con il tempo e con l’impegno”.
Cadiamo cento volte, per rialzarci centouno, e quella centounesima è la famosa carica che ci porterà in alto!
A quel punto saremo pronti.
A quel punto inizia un nuovo viaggio.
E voi siete pronti a fare il primo passo?
Ascolta “Perché parlare e scrivere se non si ha nulla da dire? | Episodio 119” su Spreaker.
Foto di Suzy Hazelwood da Pexels