Self publishing o editore?
“Davide, ho appena finito di scrivere un libro, lo pubblico in self publishing o cerco un editore?”
Ogni mese nella mia casella di posta ricevo questa domanda in una o più varianti sul tema e oggi ho deciso di dedicare la puntata del podcast proprio a questo argomento.
Nelle scorse settimane si è tenuta la 58esima edizione della Bologna Children’s Book fair dove all’interno di BolognaBookPlus c’è stata la prima conferenza sul self publishing italiano. Io ero uno dei relatori chiamato per parlare di “marketing, promozione e networking per raggiungere i tuoi lettori.” Se vi interessa recuperare non solo il mio intervento ma tutti i video dell’evento, li potete trovare sul sito ufficiale.
E’ emerso chiaramente durante l’intervento che il self publishing in Italia sta diventando una modalità di pubblicazione del proprio libro efficace, veloce, semplice e soprattutto rispettata.
Tra questi aspetti il “rispettata” è l’elemento fondamentale su cui si poggiano anche le mie riflessioni di questa puntata.
Anche se in altri paesi il self publishing si è subito affermato come un progetto di autoimprenditorialità, in Italia per molti anni è stato considerato come una scelta di serie C, l’ultima opzione per un autore che non è riuscito a trovare un editore con cui pubblicarsi.
Per fortuna questo approccio negli ultimi anni è cambiato grazie sia al lavoro che le piattaforme di self publishing stanno portando avanti sul fronte della qualità del prodotto, ma anche grazie alle realizzazione di contenuti da parte dei self publisher di alto livello e contenuti di valore.
Non ho mai creduto nel fenomeno mordi e fuggi del self publisher che con le sue pubblicazioni si compra Ferrari o Lamborghini, rifuggo quelle pubblicazioni che promettono a potenziali scrittori di diventare ricchi grazie ai propri libri ed ebook autopubblicati su Amazon o altre piattaforme.
Il self publishing è un fenomeno che mi ha conquistato fin dagli albori: nel lontano 2007 sono stato il fondatore di un collettivo di autori “gli Scrittori Sommersi”, che si era schierato contro l’editoria a pagamento, creando in modalità self publishing le proprie antologie di racconti. E’ probabile che in rete cercando qua e là riusciate ancora a trovare tracce di quel nostro lontano progetto.
Oggi, dopo aver pubblicato 7 libri con diverse case editrici, sto portando avanti diversi progetti che presto vedranno la luce con il cappello del self publishing.
Per cui già questa prima anticipazione svela in parte il mio punto di vista su questa forma di pubblicazione: la verità è che ci sono dei progetti che nascono per essere e restare prodotti da self publishing, così come esistono libri che nascono fin dall’inizio per trovare un loro ciclo di vita presso un editore e allo stesso modo ci sono scenari ibridi, prodotti che nascono come self publishing per poi trovare in un momento successivo la propria ragion d’essere in una casa editrice.
Pubblicare con una casa editrice significa muoversi nel costruire relazioni con editori e agenti letterari per esplorare un terreno impervio e tutto in salita fatto di tanti rifiuti, un numero spropositato di silenzi e spesso quando c’è una risposta positiva, i tempi per la pubblicazione sono molto lontani dalle nostre aspettative; senza contare le proposte di pubblicazione a pagamento che a fronte di investimenti economici importanti garantiscono una pubblicazione del libro senza però alcuna garanzia su vendite e ritorno dell’investimento.
Pubblicare in modalità self pubishing significa invece vedere se stessi appunto come l’editore di se stessi: quanto voglio investire sul mio libro? Una volta scritto lo “mando in stampa” e come va va, o per me rappresenta un investimento sul mio futuro?
Che sia un romanzo, una raccolta di racconti o di poesie, un saggio, un manuale o un infoprodotto, il nostro libro è qualcosa che releghiamo al ruolo di hobby e tempo libero, o pensiamo di poter guadagnare realmente da questo nostro contenuto?
Se appartenete alla categoria del contenuto da tempo libero, una soluzione vale l’altra, è un po’ come gettare qualche seme nel terreno e sperare che nasca qualcosa: come va, va.
Se invece pensate che il vostro contenuto possa essere uno strumento diretto o indiretto per una possibile rendita integrativa, trovare nuovi clienti o posizionarvi sul mercato come un possibile nuovo autore esordiente dalle grandi potenzialità, allora è importante fare sul serio.
Significa piantare un seme nel terreno, bagnarlo e accudirlo, comprare la terra buona, dedicarci tempo e risorse oggi, per raccogliere i frutti domani, a volte diversi anni dopo.
Oggi con le soluzioni offerte dalle principali piattaforme di self publishing, non ci sono più scuse: scegliendo il giusto partner non c’è più alcuna differenza nella qualità del risultato; ci sono modelli di stampa, distribuzione e promozione del libro in self publishing che usano gli stessi processi e canali dell’editoria tradizionale.
Dove ci porta tutto questo? Al valore del nostro contenuto che ancora di più gioca il ruolo principale. Quindi chiediamoci: inserito nel giusto contenitore, che è qualcosa alla portata di tutti noi, abbiamo il giusto contenuto per arrivare a intercettare 100, 200, 500, 1.000 lettori?
Essere self publisher, come dicevo prima, significa essere editori e imprenditori di se stessi: significa scegliere se investire nel comprare una copertina fatta da un professionista (e vi assicuro che la differenza si vede), significa affidarsi ad un professionista per correzione bozze, editing e impaginazione.
Come ci ricorda Davide Moroni, nel suo ultimo libro “Scrivere e autopubblicarsi: La guida completa al self-publishing“, edito da Editrice Bibliografica, “quasi sempre la prima opzione di qualsiasi aspirante scrittore è la cosiddetta ‘editoria tradizionale’: una casa editrice può vantare un personale qualificato per la realizzazione del libro in ogni suo aspetto (editing, correzione di bozze, impaginazione, copertina, eBook ecc.), un ufficio stampa per la promozione, una distribuzione (più o meno) capillare e, last but not least, copre tutti i costi, stampa compresa, versando poi all’autore il corrispettivo dei diritti d’autore derivante dalle vendite, se non addirittura un anticipo (in casi più unici che rari). Insomma, una casa editrice pare offrire garanzie ineguagliabili per un autore esordiente.
Sempre Davide Moroni ci spiega che il fenomeno dell’autopublicazione, nato come fenomeno di nicchia, “negli ultimi anni è emerso sempre di più il fenomeno del self-publishing. Favorita anche dall’avvento del libro elettronico nel consumo di massa, l’autopubblicazione è oggi la vera alternativa all’editoria tradizionale, sia per chi non trova spazio nei cataloghi delle case editrici, sia per quegli autori che, magari rivolgendosi a un pubblico di nicchia, scelgono consapevolmente di correre da soli”.
E’ il vostro contenuto che in qualche modo determina la destinazione del vostro prodotto: se volete semplicemente raccogliere la storia di un parente o un amico e regalarla a un numero ristretto di persone, più come un ricordo che come un prodotto editoriale vero e proprio, il self publishing è perfetto nella sua versione più semplice.
Se volete pubblicare la storia della vostra azienda che proprio quest’anno compie 20, 30 o 40 anni di vita, o perché no anche 80 o 100, il self publishing è perfetto, purché vi facciate seguire da un professionista che curi in modo più strutturato il progetto editoriale del vostro libro.
Stesso discorso se il libro diventa uno strumento per acquisire clienti, contatti, facendo conoscere la vostra realtà aziendale attraverso manuali, saggi, guide digitali o infoprodotti.
Cosa sono gli infoprodotti? Sono una forma particolare di contenuti che unisce testo e immagini e che ha come obiettivo quello di risolvere un problema, un bisogno, una necessità di un potenziale cliente. In questi casi spesso il libro si regala o si fanno pagare solo le spese di spedizione: diventa un biglietto da visita corazzato che racconta la vostra professionalità e il vostro valore.
Se volete pubblicare il vostro romanzo, raccolta di racconti o poesie, credo che il self publishing possa rappresentare anche in questo caso un ottimo punto di partenza.
Avendo un passato nel mondo dell’informatica, mi è sempre piaciuto il concetto di versione beta: un qualcosa di già abbastanza funzionante da distribuire e da testare con un gruppo ristretto di persone.
Il self publishing per me rappresenta anche un canale per immettere sul mercato una versione “beta” del nostro contenuto da far testare ai primi 50/100 lettori e raccogliere il loro feedback.
Con questa accezione il libro diventa sperimentazione, è un contenuto liquido che prende una prima forma che non è detto sia quella definitiva, anzi, potrebbe essere solo uno stato solido provvisorio grazie al quale tenendo in mano il prodotto, capiamo che dobbiamo fare qualcosa di diverso.
Il self publishing può rappresentare una soluzione per quei prodotti destinati a una nicchia di mercato difficilmente individuabile in libreria, così come difficile da indirizzare online sui vari marketplace; invece, lavorando sulla costruzione della vostra community, diventa poi facile e immediato invitare le persone a comprare il libro in self publishing.
Anzi, in questi casi potreste proprio giocare sul tenere la community sulle spine e creare ancora più interesse sul vostro prodotto.
Anche Raffaele Gaito, che normalmente pubblica i suoi testi con Franco Angeli, di recente ha pubblicato in self publishing il suo “Diario della Crescita”, un libro destinato soprattutto ma non solo, alla community delle persone che lo seguono sui diversi social e che poi strada facendo è stato scoperto anche da persone che inizialmente non conoscevano questo autore.
Grazie alla presenza su tutte le piattaforme e all’ordinabilità in tutte le librerie fisiche e online, questo libro gioca una partita alla pari con tutti gli altri libri presenti sul mercato.
Pubblicato in modalità self publishing dà all’autore il pieno controllo sul proprio prodotto.
Come ci ricorda Davide Moroni, “tolti i best seller, i long seller e quelli che ‘venducchiano’, un libro autopubblicato parte praticamente ad armi pari con le migliaia di titoli ‘normali’ presenti sul mercato. Proprio per questo è necessario che sia curato come si deve fin nei minimi dettagli: deve essere in grado di competere con chi li produce per professione.”
Raffaele Gaito non è l’unico professionista che ha sperimentato l’autopubblicazione: anche Massimo Giacchino, ha realizzato un capolavoro di libro grazie al self publishing.
Il suo testo si chiama “Metodo Design Marketing: Analizzare i micro-dati per testare e scalare strategie di mercato”.
Grazie alla flessibilità di alcune piattaforme sulla pubblicazione ha lanciato il prodotto a poco più di 5 euro, poi una volta che le vendite sono partite l’ha portato a più di €22 e al momento in cui sto scrivendo questo podcast, lo sta vendendo a €19.
Anche questo è un esempio di sperimentazione ed è un’opportunità che potete esplorare anche voi solo con il self publishing.
Se invece puntate alla narrativa, non posso che augurarvi il successo di Anna Premoli: nata come self publisher, è ora un’autrice affermata in Italia e all’estero che pubblica per Newton Compton, con oltre 900.000 copie vendute.
Chiudo con un’ultima riflessione di Davide Moroni: “sul web siamo tutti uguali: a livello di visibilità, non c’è grande differenza tra un normale libro di catalogo pubblicato da un editore e quello di un self-publisher”.
A voi la scelta!
Ascolta “#58. Self publishing o editore?” su Spreaker.
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