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Smartphone e didattica: intervista a Maria Vittoria Alfieri

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È proprio vero che gli smartphone non possono andare d’accordo con la didattica e l’ambiente scolastico?

“Addio smartphone in classe, «abbiamo tolto agli studenti una droga. Famiglie entusiaste.» intervista al dirigente del liceo Malpighi di Bologna Marco Ferrari: «Diventi un modello»”.

Queste parole sono tratte da un articolo pubblicato anche sui quotidiani nazionali, che Maria Vittoria Alfieri, esperta di digital education e innovazione, ha commentato sul suo profilo LinkedIn, generando un dibattito acceso.

 

Davide: A te la parola, Maria Vittoria, e benvenuta: qual è il tuo punto di vista sull’argomento?

 

Maria Vittoria: Grazie mille Davide.

A mio parere i cellulari non dovrebbero essere vietati nelle aule, ma questa decisione presa da più di una scuola ha rialzato il solito polverone sul tema degli smartphone in classe, che però viene sempre analizzato in maniera un po’ miope e senza guardare al di là dell’aneddoto o della singola situazione specifica.

Il problema vero secondo me è riuscire a parlare di transizione digitale all’interno del contesto educativo, sia come questione di strumentazione ma anche e soprattutto di mindset.

L’utilizzo dello smartphone in classe può essere visto come un’opportunità per tre ragioni:

  1. Educare alla consapevolezza nell’utilizzo dei mezzi digitali, per diventare appunto cittadini digitali, che è una delle sezioni portanti delle linee guida dell’educazione civica contemporanea. Formare i giovani a un utilizzo consapevole della tecnologia non significa rinnegare il presente, ma analizzare il passato, contestualizzarlo riportandolo al presente e creare una generazione che effettivamente sappia guardare al futuro.
  2. Usare il web a nostro vantaggio: abbiamo l’opportunità di avere a disposizione ovunque e sempre contenuti su contenuti per la didattica, che però vanno selezionati con criterio, esaminando le fonti e l’attendibilità ed evitando le fake news.
  3. La presenza di tantissimi strumenti e supporti che fino a oggi sono stati utilizzati poco e forse male nelle scuole per fare didattica in modo alternativo.

Perciò, io credo che più che di “smartphone sì o smartphone no”, dovremmo parlare di “smartphone come”, e assolutamente non tornare indietro nel tempo quando trattiamo certi argomenti.

 

Davide: Concordo con te, stiamo un po’ tornando indietro nel tempo e mi vengono in mente due episodi che ho vissuto.

Intorno agli anni ‘90 arrivarono i primi computer nelle scuole, e subito l’idea che si diffuse è che gli studenti li avrebbero usati per i videogiochi, distraendosi durante le lezioni; ma anche così è stato fondamentale averli in classe, perché ha permesso a tutti di prendere molta dimestichezza con questo strumento nuovo.

O ancora: quando uscì Windows 3.0, arrivarono anche i primi mouse. Bill Gates inserì il gioco del solitario nel sistema operativo non per dare motivo di distrazione ai dipendenti durante l’orario di lavoro, ma perché nessuno sapeva ancora come usare il mouse: il solitario è stato lo strumento con cui tutti, giocando, hanno poi imparato a utilizzarlo per essere poi più veloci sul lavoro.

Stesso discorso con il gioco campo minato e l’introduzione del tasto destro sul mouse.

Quindi mi chiedo: quanto sarebbe stata più lenta la curva di apprendimento, se non avessimo avuto questo approccio ludico per imparare?

Altra riflessione più moderna: inizialmente le aziende vietavano l’utilizzo dei cellulari personali e dei social network sul lavoro. Oggi sono le aziende stesse a usarli per comunicare. Può essere che anche in questo caso basti attendere perché le prospettive cambino?

 

Maria Vittoria: L’elemento di differenza, in questo caso, è che i giovani sono a scuola oggi e per un lasso di tempo limitato, quindi io credo che avrebbe più senso guidare il cambiamento subito, senza attendere.

Quello della transizione digitale costituisce un grande cambiamento, ed è evidente che poi le varie realtà e anche le persone reagiscono in modo diverso: alcuni diventano più visionari e aperti, altri lo sono molto meno.

Aggiungo che proprio dal 2020 in poi c’è stata una forte richiesta da parte di interlocutori come aziende, case editrici e altre realtà che operano nella didattica, per provare effettivamente a sperimentare anche contenuti e progetti nuovi rispetto al pre-pandemia.

Io mi occupo di innovazione e accolgo ogni novità in maniera molto naturale, e appunto sul tema ho visto in prima persona quanti progetti bellissimi si possano realizzare utilizzando anche gli smartphone in ambito didattico.

Uno di questi è sicuramente il progetto di social reading che ho portato avanti all’interno della casa editrice Pearson Italia che ora è stata acquistata da Sanoma.

Che cos’è il social reading? È una pratica di lettura condivisa, attraverso cui gli studenti e i docenti leggono insieme all’interno di un’applicazione che abbiamo sviluppato ad hoc.

La lettura segue le dinamiche tipiche dei social network, quindi ambienti che sono assolutamente familiari agli studenti e alle studentesse, riportandoli però all’interno del contesto educativo, facendoli interagire tra di loro e commentare gli autori che leggono.

È emerso come gli studenti abbiano usato l’applicazione di social reading prevalentemente al di fuori dell’orario scolastico, cioè nelle fasce orarie in cui di solito usavano i social network.

Ma anche i podcast hanno delle potenzialità enormi ancora a mio parere inesplorate nel mondo dell’educazione, mi ci sto dedicando molto perché è un media nuovo che non si sovrappone a nessun altro, neanche dal punto di vista del tempo in cui viene fruito.

Vietando del tutto gli smartphone a scuola, però, non si possono cogliere queste opportunità.

 

Davide: Ho notato che uno dei temi chiave del tuo ragionamento è il concetto di cambiamento, che come hai detto tu accade che lo vogliamo o no, dipende tutto da come riusciamo ad accoglierlo e accettarlo.

Ti faccio un’altra domanda: è possibile declinare qualsiasi materia in chiave “social”?

 

Maria Vittoria: Prima di tutto bisogna cambiare metodologia, pensare a contenuti che siano adatti al tipo di supporto che intendiamo usare e bisogna immaginarsi come poi quel contenuto verrà utilizzato fuori e dentro la classe, e questo a mio parere si può fare con qualsiasi disciplina scolastica.

Aggiungo che il social reading su smartphone nello specifico è nato con una logica assolutamente interdisciplinare, e ha coinvolto insegnanti di diverse materie, non solo di letteratura italiana.

Mi piace immaginare una didattica veramente integrata, con una componente analogica dell’attività e una digitale.

 

Davide: Hai parlato più volte di mindset digitale: come lo si costruisce?

 

Maria Vittoria: C’è chi è più portato e chi meno, non è questione di essere migliori o peggiori, ma semplicemente diversi.

La transizione digitale implica appunto il cambiamento e l’utilizzo di nuovi strumenti, e bisogna mettere in condizioni il corpo docente di capirli e imparare a usarli per vivere in una scuola contemporanea, creando un piano formativo per queste nuove competenze.

Ad esempio, nell’ambito del PNRR, è stata attivata la piattaforma Futura, per la formazione del personale scolastico sotto il profilo della transizione digitale e per idee e concorsi nel segno dell’innovazione.

Noto molto spesso una resistenza a priori nei confronti del nuovo, senza aver prima indagato in maniera anche pragmatica quali sono le opportunità che quella novità può offrire.

Io credo che per costruire un mindset più digitale si debba cambiare il metodo, e per farlo bisogna formarsi, esercitarsi, fare dei tentativi e sperimentare.

 

Davide: Hai qualche consiglio in merito da dare anche a chi fa lo scrittore di professione?

 

Maria Vittoria: Consiglio di immaginarsi l’output finale del suo testo, una sua versione digitale, perché per catturare l’attenzione delle nuove generazioni è necessario pensare sempre e comunque a un modo che colleghi quel prodotto più tradizionale che è il libro al mondo degli smartphone.

Ad esempio, quest’anno con Brickslab abbiamo fatto un lavoro incredibile su un testo: la Divina Commedia.

Abbiamo trasformato nove canti della Divina Commedia in altrettanti tour virtuali illustrati a mano, con cui si fa veramente un’esperienza immersiva e si va alla scoperta dell’opera di Dante ma anche di tematiche più contemporanee.

Pensiamo sempre ad allargare la nostra audience e a soddisfare la loro curiosità, senza abbassare o banalizzare un contenuto, ma leggendo con uno sguardo contemporaneo il bisogno di erogare e di pensare dei contenuti che cambiano a seconda del media attraverso cui vengono condivisi.

 

Davide: Quindi, per la scuola di domani, raccomandi gli smartphone sempre accesi?

 

Maria Vittoria: In alcuni momenti smartphone accesi e in altri no, ma senza privarci del tutto di un’opportunità didattica e della volontà di contribuire a una scuola che ha bisogno di cambiare.

 

Davide: E per chi volesse approfondire questi argomenti?

 

Maria Vittoria: Per chi volesse approfondire, consiglio di visitare Brickslab.it e la pagina di “MyPodcast. Ascoltando s’impara”, i due progetti didattici di cui ho parlato oggi, altrimenti i lettori possono visitare i miei profili social (Facebook, Twitter, LinkedIn).

 

Ascolta “Smartphone e didattica con Maria Vittoria Alfieri | Episodio 116” su Spreaker.

Immagine da Depositphotos.

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